ARCHEOLOGIA SUBACQUEA IN SICILIA
La soprintendenza del mare fu istituita (prima in Italia) con un apposito articolo nella legge finanziaria della Regione Siciliana del 2004 per la tutela, la gestione e la valorizzazione della cultura del mare in Sicilia.
Questo nuovo organismo opera, nella sua piena ufficialità, nell’ambito del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana dell’Assessorato per i Beni Culturali e dell’Identità siciliana della Regione Siciliana ed ha compiti di ricerca, censimento, tutela, vigilanza, valorizzazione e fruizione del patrimonio archeologico subacqueo, storico, naturalistico e demo-antropologico dei mari siciliani e delle sue isole minori; nonché di progettazione di itinerari culturali subacquei e di coordinamento e sicurezza nei cantieri di lavoro.
La Soprintendenza del Mare è stata voluta e fondata dal prof. Sebastiano Tusa (figlio del grande archeologo scomparso, Vincenzo Tusa) che ne fu il primo soprintendente. Oggi il soprintendente reggente è l’architetto Eliana Mauro la quale coordina i Servizi dei beni storico-artistici e demo-antropologici, dei beni archeologici, dei beni culturali e naturalistici e di progettazione, rilievo e documentazione e la gestione del Sistema Informativo Territoriale (S.I.T.) della Soprintendenza del Mare.
L’elegante sede è a Palazzetto Mirto, nel centro storico di Palermo, mentre i locali dell’ex Istituto Roosevelt, all’Addaura, continuano ad essere utilizzati come laboratori tecnici.
L’istituzione della Soprintendenza del Mare qualifica la Regione Siciliana nel settore delle politiche per la tutela delle sue risorse archeologiche sottomarine, ispirandosi alla Grecia che – unica in Europa – possiede una struttura analoga. Ma l’assoluta novità sta nell’ottica multidisciplinare dei compiti della Soprintendenza del Mare che associano gli aspetti etno-antropologici e naturalistici a quelli archeologici collocandola così in una situazione di primato europeo.
Questa struttura rappresenta il giusto sviluppo di un percorso nato nel 1999 con l’istituzione di un gruppo per la ricerca archeologica subacquea: il G.I.A.S.S. (Gruppo d’Indagine Archeologica Subacquea Sicilia) evolutosi poi nello S.C.R.A.S. (Servizio Coordinamento Ricerche Archeologiche Sottomarine).
Il campo d’operazione non è però solo quello archeologico. La nuova Soprintendenza si muove a tutto campo con un approccio sistematico al rapporto tra l’uomo ed il mare nel tempo. Affronta tematiche, studia siti e relitti inerenti l’evo antico, ma anche quelli medievali e moderni, nonché le tradizioni marinare contemporanee. L’attività operativa è garantita dalla dotazione tecnico-strumentale ma, soprattutto, dall’aiuto costante delle forze dell’ordine che agiscono in mare (Guardia di Finanza, Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Capitanerie di Porto e Guardia Costiera).
I campi scuola di archeologia subacquea
La Soprintendenza del Mare opera in piena autonomia avendo assimilato le risorse e i mezzi delle precedenti esperienze e i campi-scuola di archeologia subacquea ne sono un esempio.
Nell’ambito di un vasto progetto europeo per la rivalutazione dei beni archeologici, l’IAS (Istituto Attività Archeologiche), con il contributo e la supervisione della Soprintendenza del Mare, propone dei Campi Scuola di Archeologia Subacquea. Quest’iniziativa nasce dall’esigenza di riempire il vuoto che si è creato in questi anni tra la teoria, insegnata già da qualche anno nelle Università, e la pratica, esercitata solo da pochi e con notevoli difficoltà. Constatata l’assenza di simili iniziative in Italia, i campi-scuola mirano a diventare un utile strumento per tutti coloro che, interessati all’archeologia subacquea, vogliono applicare sul campo le tecniche e gli insegnamenti appresi finora, vivendo la realtà di un cantiere subacqueo.
Le attività di cantiere vengono svolte sia a mare che a terra, seguendo tutte le fasi dello scavo.
La fase delle prospezioni, cioè le indagini che vengono svolte preliminarmente nell’area archeologica da scavare al fine di accertarne la fattibilità, valutarne le risorse necessarie, determinare la collocazione del cantiere a terra e definire una condotta di operazioni.
La fase della sorbonatura, che è, per l’attività archeologica subacquea, la fase di scavo vero e proprio. Viene utilizzata una apparecchiatura idraulica detta sorbona che aspira lo strato inconsistente che in genere ricopre gli oggetti o le strutture che devono essere studiate.
La fase del rilievo subacqueo, è la fase in cui viene collocato un apposito reticolo di riferimento che permette il rilievo grafico, fotografico e con sistemi informatici tipo CAD dell’area dello scavo.
La fase del recupero, è la fase più delicata e consiste nel mettere in atto tutti gli strumenti tecnici per il recupero e la messa in sicurezza dei reperti.
La fase della catalogazione e restauro, è l’ultima fase che avvia lo studio e la conservazione del reperto archeologico estratto dal fondo del mare.
Gli allievi vengono seguiti nelle operazioni da docenti e tecnici archeologi subacquei e di tecnici specializzati nelle materie complementari alla ricerca archeologica.
I campi-scuola si rivolgono principalmente a laureandi in archeologia, architettura, biologia marina, geologia, ma anche a tecnici del settore o a semplici appassionati che vogliano maturare un esperienza di scavo subacqueo su siti archeologici autentici, utilizzando metodi e tecniche propri dell’ archeologia subacquea.
Corrado Rubino